Pubblichiamo il comunicato del Comitato Direttivo di Restauratori Senza Frontiere Italia, redatto sotto forma di “Lettera aperta” e firmato dal Presidente Paolo Pastorello
In occasione della campagna di informazione del restauro del Colosseo sono disponibili immagini in alta definizione del prezioso monumento attualmente in fase di restauro. Le immagini sono disponibili a questo link.
Intorno al Colosseo si addensano da tempo nubi di tempesta, sintomo di un pericolo e anche del disagio profondo di un’intera categoria di professionisti che riverbera nella sinistra fama dell’arena, un possibile presagio d’eliminazione della professione del Restauratore e dell’intero patrimonio scientifico, di esperienze e di studio di sua competenza.
Il timore fondato è che l’intervento possa costituire l’esempio da ripetere per il futuro. L’operazione restauro Colosseo infatti, individua professionisti e operatori diversi dal Restauratore di Beni Culturali, affidando i lavori alle ditte edili, considerate strutturate e quindi veloci, che hanno in capo essenzialmente Architetti e Ingegneri, i quali normalmente rispondono dell’operato degli operai comuni. Proprio questa contraddizione é emersa in modo dirompente nel corso dell’intervento al Colosseo, quando i lavori di conservazione considerati come lavori edilizi, furono fermati per imporre la presenza di Restauratori di Beni Culturali al posto degli operai, che danneggiavano le superfici. I restauratori oggi stanno lavorando assunti con contratti dell’edilizia industriale e rispondono a logiche di tempistica, quindi anche di metodologia, non rispondenti ai corretti interventi di conservazione. Si tratta perciò di una vera e propria distorsione del senso di applicazione della norma, che ha purtroppo gravissime conseguenze quando a farne le spese è il nostro fragilissimo patrimonio archeologico monumentale.
“Lettera aperta al Presidente Matteo Renzi e al Ministro Dario Franceschini sul restauro del Colosseo e la normativa per la tutela dei Beni Culturali”
Signor Presidente Renzi, On. Ministro Franceschini,
Prendendo spunto dalla recente riapertura dell’acceso e ormai annoso dibattito intorno alla vicenda del restauro del Colosseo, scrivo a nome del Comitato Direttivo e nella qualità di Presidente dell’associazione Restauratori Senza Frontiere, organizzazione di promozione sociale senza fine di lucro.
L’organizzazione si pone come fine statutario il miglioramento della politica della tutela e lo sviluppo del settore socio-economico dei Beni Culturali nel nostro meraviglioso e martoriato Paese. RSF chiama a raccolta tutte le professionalità coinvolte nella conservazione del Patrimonio Culturale: restauratori, archeologi, architetti, storici dell’arte e altri professionisti che allo stesso titolo degli scienziati della conservazione, sono di fatto gli artefici del restauro e della manutenzione dei nostri monumenti e dei Beni Culturali in Italia e nel mondo. In questo senso sono tutti Restauratori Senza Frontiere, senza confini professionali, confessionali, ideologici o politici. Sono persone che desiderano contribuire alla protezione del nostro immenso e unico Patrimonio Culturale, cittadini consapevoli che ritengono fondamentale tramandare il nostro passato e consolidare il presente per le future generazioni.
I nostri Beni Culturali: tutela e valorizzazione sostenibile
Oltre il sensazionalismo, l’allarme e la denuncia, va da sé che i complessi temi riassunti nel lungo testo di questa lettera aperta, chiedono risposte tanto ponderate quanto urgenti e conseguenti. In sette punti tenterò, per quanto mi è possibile, di delineare un quadro sufficientemente esplicativo di quanto sta accadendo ai nostri Beni Culturali dal punto di vista della loro salvaguardia e alla categoria formata dallo Stato al fine di garantirne la corretta conservazione, coscienti che l’irripetibilità e la fragilità dei manufatti e dei tessuti culturali che la storia ha consegnato a noi Italiani meritino tutte le nostre cure, intese soprattutto come il meglio che possiamo dare: un quadro legislativo, normativo e attuativo a parte, regolamentato secondo criteri diversi e specifici e, a mio avviso, oggi ancora carente.
I temi trattati sono di una portata tale da suggerire l’organizzazione di un convegno, coordinato da RSF, su Tutela e Valorizzazione sostenibile, nel quale dibattere i vari aspetti delle dinamiche economiche, sociali e culturali qui di seguito analizzati.
Le rinnovate polemiche intorno al restauro del Colosseo testimoniano la preoccupazione diffusa che uno dei più importanti monumenti del nostro Patrimonio Culturale stia correndo uno tra i più gravi pericoli della sua lunga storia conservativa. Un rischio paventato già all’avvio dei lavori, quando il Commissario straordinario alla tutela archeologica di Roma, utilizzando l’enorme potere discrezionale degli organismi in deroga, declassò il monumento simbolo della romanità, consentendo così di affidare i delicati compiti della sua conservazione non a imprese qualificate nel settore del restauro specialistico ma in quello generale dell’edilizia, senza considerare adeguatamente il fatto che la sorprendente architettura è costruita con materiali antichi, storicizzati, con la loro pelle d’invecchiamento naturale, il cui restauro implica necessariamente il controllo di interferenze che possono alterare, ledere, cancellare le loro peculiarità. Intorno al Colosseo si addensano da tempo nubi di tempesta, sintomo di questo pericolo e anche del disagio profondo di un’intera categoria di professionisti che riverbera nella sinistra fama dell’arena un possibile presagio di annientamento della professione del Restauratore di Beni Culturali e dell’intero patrimonio scientifico, di esperienze e di studio di sua competenza.
Nella distorsione del senso di applicazione di norme fondamentali della tutela, che ha purtroppo gravissime conseguenze quando a farne le spese è il nostro fragilissimo patrimonio archeologico, si palesa il fatto che il nostro paese sta andando in una direzione sbagliata e tendenzialmente disgregativa, anche nei riguardi dello sviluppo economico del settore dei Beni Culturali, contro la nostra Storia, la nostra Cultura, contro il nostro Patrimonio Culturale.
“Siamo una super potenza sul piano dei valori e dello sviluppo della cultura”
L’attuale crisi, che Lei, Signor Presidente, con il Governo Renzi sta concretamente ed efficacemente tentando di superare, sembra avere in parte distolto l’attenzione dell’opinione pubblica dai gravi problemi che affliggono da molto tempo il settore dei Beni Culturali. Come, in modo chiaro e limpido, Lei ha espresso nel bellissimo discorso inaugurale per l’Anno Accademico 2015 all’Alma Mater Studiorum, l’antica Università di Bologna, la prima nel mondo occidentale: “…noi siamo una super potenza sul piano dei valori, sotto l’aspetto generale dello sviluppo della cultura, unica e progressiva, dai tempi antichi ai giorni del futuro che ci aspetta…”. Tale consapevolezza si riflette anche nelle affermazioni del Ministro Franceschini che ripetutamente rivendica il fondamentale orientamento economico del suo ministero: “Il Parlamento e il Governo Renzi stanno dimostrando con atti concreti di vedere nella cultura e nel patrimonio culturale la vocazione del Paese e su questo costruire le priorità di politica economica”. Tale affermazione politica è stata ribadita nuovamente riferendosi all’emendamento alla legge di stabilità, con prima firmataria la parlamentare PD Maria Coscia, che consentirà una “dotazione iniziale di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020“, destinati alla valorizzazione e alla tutela dei Beni Culturali.
Benissimo. Ma come operatore culturale, nel ruolo di Presidente di un’Associazione di promozione sociale, non posso, a nome anche di molti altri esperti, non esprimere una certa perplessità riguardo ad accadimenti e formulazioni legislative ereditate dall’attuale governo proprio in questo settore.
I Beni Culturali, il Restauro e la Normativa vigente
Il grande e crescente interesse dimostrato da tante persone, a vario titolo addetti ai lavori, nasce dall’evidente inadeguatezza dell’attuale sistemanormativo di fronte alle delicate problematiche conservative necessarie a preservare opere, monumenti e istituzioni facenti parte, non di rado, di elaborati sistemi storico-artistici e culturali.
L’evoluzione legislativa sembra dirigere il nostro paese in una direzione opposta e tendenzialmente disgregativa proprio nei riguardi di quello sviluppo economico e di quei valori da Lei tanto chiaramente espressi, che ci fanno sentire orgogliosi di essere Italiani e che sono effettivamente l’effigie della nostra identità: la nostra storia, la nostra cultura, cioè il nostro Patrimonio Culturale. Al contrario di quello che continuamente sentiamo dire nei discorsi ufficiali, l’impatto di molti di questi provvedimenti espone il nostro Patrimonio Culturale, Presidente Renzi, a forti rischi.
L’argomento è molto complesso e meriterebbe uno studio storico più approfondito; cercherò, tuttavia, di riassumere la situazione attuale, come spunto di riflessione e come invito a riconsiderare una situazione etico-politica molto delicata e un grave disagio sociale, che, a mio avviso, affondano le radici in una erronea impostazione riguardo alla cultura della tutela nella quale il nostro paese è scivolato ormai da molti anni.
A mio parere, un primo errore fondamentale (risalente alla prima legge Merloni) è stato di aver considerato le attività correlate alla salvaguardia, al restauro e alla conservazione dei manufatti afferenti al Patrimonio Culturale come Lavori Pubblici e, in quanto tali, assoggettabili alla leggi e alle stesse norme attuative che regolamentano l’affidamento e l’esecuzione degli appalti pubblici per i lavori edili. L’orientamento attuale ha invece portato a considerare monumenti unici al mondo, come il Colosseo o il Tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano (ma anche cicli di affreschi o antiche sculture in bronzo, o monumenti complessi come il Vittoriano), alla stessa stregua della costruzione di un edificio civile, mandando, di conseguenza, in gara d’appalto delicati lavori di restauro e di conservazione con le stesse procedure pensate per la realizzazione di un ponte autostradale o di una nuova chiesa: gare al massimo ribasso dove si accettano sconti fino al 65% e oltre, che rivelano, palesemente, o una progettazione incompetente o, più credibilmente, un’esecuzione dei lavori trasandata o ingannevole, che, in questo campo specialissimo è di difficile dimostrazione. Infatti, nei lavori di restauro conservativo, non è l’aspetto estetico che ne certifica il buon esito, ma la coscienziosa conduzione degli interventi conservativi, difficilmente accertabili con le prove normalmente utilizzate nei collaudi dell’edilizia. I risultati, spesso tragici e irreparabili si vedono anni dopo. Se un ponte sull’autostrada, per quanto drammatico possa esserne l’esito, subisce lesioni o crolla, si rifà, eventualmente a spese dell’impresa, se colpevole. Un monumento rovinato è per sempre e il danno inestimabile.
Nella legge quadro in materia di lavori pubblici (Legge 11.02.1994 n° 109) un freno e un distinguo erano stati giustamente individuati e normati in seguito nel Codice degli Appalti (D.Lgs 163/2006), con chiarissime regole che definivano settori e categorie di riferimento per le attività nei diversi campi dell’edilizia monumentale e del restauro conservativo dei monumenti storici e delle superfici decorate degli stessi: le categorie denominate OG2 (Opere Generali) e OS2 (Opere Specialistiche). Ciononostante regole semplicissime, come la separazione, nelle gare, tra appalti di lavori in OG2 e in OS2, sono state molte volte trasgredite, inserendo frequentemente e ormai sempre più spesso, il restauro di opere d’arte in bandi con prevalenza di lavori edili, aprendo di fatto la possibilità di esecuzione, difficilmente controllabile, di lavorazioni previste in OS2 da parte dell’Impresa OG2. Non è infrequente neanche la pratica, semplice e spudorata, dell’inserimento di voci di restauro di beni artistici e di interi apparati decorativi in perizie per lavori appaltati nella categoria OG2 (il restauro del Vittoriano docet, come alcune chiese inserite nel Grande Progetto Unesco per il centro storico di Napoli oppure a L’Aquila).
Degno di nota è il fatto che non succede mai il contrario, né un’impresa di restauro specialistico si sognerebbe mai di rifare un tetto o di realizzare nuove tramezzature previste nella ristrutturazione di un palazzo storico.A queste improprie applicazioni della legge si aggiungono oggi evidenti storture contenute nella legge n. 7/2013 (ex art. 182 del Codice dei Beni Culturali) e nelle linee guida applicative della “disciplina transitoria del conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore di beni culturali”, dove si prevede, seguendo una logica desunta prevalentemente da una visione del restauratore come artigiano dotato soltanto di particolari competenze manuali e dove si nega una professionalità piena e organica, che diplomati o laureati vengano inseriti in un elenco suddiviso in 12 settori di competenza tenuto dal Ministero, negando di fatto (e apparentemente in modo inspiegabile) esperienze professionali scaturite da percorsi formativi articolati e di livello altissimo, normati dall’ordinamento statale e contraddicendo la prassi consolidata nell’ambito dell’amministrazione pubblica che tali professionalità ha sempre riconosciuto, affidandosi ad esse per il compimento di attività di restauro di opere d’arte di inestimabile valore, di grande complessità tecnica e artistica, classificate come di interesse pubblico e spesso riconosciute come Patrimonio dell’Umanità. Nella sostanza, chi oggi opera a tutto campo, secondo le proprie specializzazioni e gli approfondimenti professionali e curriculari, non potrà più operare che in settori molto ristretti della propria professione: come se un medico, tutt’a un tratto, non fosse più medico in senso pieno, ma una sottospecie di specialista in grado di curare solo parti definite del corpo. A chi spetterebbe poi la diagnosi? Al contrario di come dovrebbe essere, invece di consentire a chi ha ricevuto una formazione generale e per macro settori di approfondire e acquisire, tramite master, ulteriori specializzazioni, si norma il confinamento settoriale, e, per giunta, retroattivo.
Inoltre, al problema dei 12 settori di competenza (per inciso va detto che in Europa la suddivisione della professione in settori non esiste) che ledono, nella loro concezione, lo spirito e la capacità progettuale e operativa dei Restauratori di Beni Culturali, si aggiunge il fatto che a coloro che da decenni operano sul campo e che, oltre ad aver restaurato in tutto il mondo un grandissimo numero di straordinari e complessi monumenti, hanno costruito e diffuso l’immagine del restauro Italiano nel mondo (una delle poche eccellenze riconosciute e apprezzate ai massimi livelli ovunque), viene negata la loro stessa professionalità.
Si tratta del mancato riconoscimento dell’equiparazione del titolo ai diplomati delle scuole di Alta Formazione prima del 2009, con riferimento alla classe di laurea LMR/02 magistrale a ciclo unico in Conservazione e Restauro di Beni Culturali, istituita sulle indicazioni contenute nel Decreto Ministeriale 87/2009, Regolamento attuativo del Codice dei Beni Culturali, proprio sul modello di quelle scuole che hanno reso celebre l’Italia (ICR e OPD) e che formavano i diplomati anche prima del 2009.
Paolo Pastorello – Presidente di Restauratori Senza Frontiere Italia
Roma, 1 febbraio 2015.