L'archeologia sta cambiando. E rapidamente

C'è molta Archeologia in questo numero di Archeomatica e non è davvero per caso. La disciplina è oggi come poche altre in radicale trasformazione nel superamento di ogni dicotomia tra scienze umane e scienze esatte. La cifra di quello che è oggi in movimento, e che cerchiamo di seguire, la fornisce l'articolo di Marco Ramazzotti su Archeosema, un straordinario progetto metadisciplinare del Dipartimento di Scienze dell'antichità dell’Università La Sapienza di Roma, con cui apriamo questo numero.

Il salto epistemologico è evidente, altro che discorsi sulle 'scienze sussidiarie', ovvero, sherpa dell'Archeologia. L'Archeologia interpreta oggi sempre di più gli oggetti della propria scienza, le testimonianze materiali del passato, come componenti di sistemi naturali eculturali complessi, una pluralità di segni fisici, storici, geografi ci e linguistici, di informazioni che interagiscono
tra loro in sistemi di relazioni. “Sistemi che hanno - scrive Massimo Buscema - un'informazione effettiva che non è quella ‘dichiarata’ dal suo funzionamento, bensì quella invisibile che consente al suo funzionamento di esplicitarsi”, e che deve essere svelata.
La ricerca archeologica contemporanea tenta di farlo oggi sempre di più attraverso un approccio interdisciplinare che la integra ad altre scienze come la fisica, la geografia, la geologia, la chimica, la linguistica, la statistica, la matematica, introduce nelle proprie ricerche l'Intelligenza Artificiale, applica i Sistemi Artificiali Adattivi, tende a riprodurre sempre di più virtualmente i sistemi organici, naturali e culturali.
Si amplia dunque il modo con cui si acquisiscono le conoscenze, in definitiva gli elementi costitutivi della nostra narrazione storica. Accanto allo scavo ed alla prospezione di superficie, oggi sempre più integrata tra GIS e geofisica, crescente rilevanza assumono il rilievo, la documentazione, la diagnosi. Ne diamo una breve rassegna con tre articoli su esperienze innovative nel campo del rilievo archeologico.
Si amplia lo spettro di conoscenze e di competenze richiesto all'archeologo. E nascono nuove domande cui rispondere, orizzonti nuovi della ricerca archeologica ma soprattutto storica: identificare “nuove regole dell'organizzazione spaziale, economica, politica”, approfondire “fenomeni fisici, estetici, cognitivi e linguistici dell'auto-organizzazione, dell'entropia”.
Grazie a tutto ciò, gli oggetti di ricerca più complessi, i metodi utilizzati sempre più sofisticati e in grado di penetrare sempre di più la profondità storica, l'Archeologia sta muovendo dall'angolo antiquario e periferico in cui, in fondo, è stata confi nata negli ultimi due secoli verso il centro del dibattito scientifico contemporaneo. Ed ha così, indubbiamente, tante altre cose da dire alla società, interloquendo con altri saperi,con altri percorsi scientifici.
Coglie alcuni aspetti cruciali l'urbanista Alberto Magnaghi su Il Manifesto del 4 febbraio 2012 “le discipline archeologiche vanno attribuendo centralità ad un approccio territoriale globale, passando dalla priorità del sito a quella del contesto territoriale e paesaggistico, con interpretazioni multidisciplinari e multifattoriali; nel quadro di una tendenza più generale a considerare i sistemi di beni culturali come parte integrante e interconnessa del patrimonio territoriale; ciò comporta, ad esempio, i passaggi concettuali dal museo all'ecomuseo, dal centro storico al territorio storico, dalle eccellenze paesaggistiche ai paesaggi rurali e urbani nella loro integrità territoriale, ambientale e di uso sociale (mondi di vita delle popolazioni,
secondo la Convenzione europea del paesaggio)”.

 

Editoriale pubblicato su Archeomatica N. 2 2012 

 

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