Si chiama IDO e rappresenta la soluzione 4.0 al restauro. Progettato dall’azienda Istemi, nell’ambito del progetto InnovaCultura 2024, promosso dalla Regione Lombardia, IDO (acronimo di Identità Digitale dell’Opera d’arte) nasce dall’esigenza di facilitare la catalogazione e la digitalizzazione delle collezioni; con l’obiettivo primario di ridurre al minimo i fattori di rischio delle fasi più delicate del restauro, quali la movimentazione e la manipolazione, le quali possono facilmente costituire fonte di degrado.
L’idea alla base di IDO è quella di integrare il monitoraggio e il rilievo 3D alle indagini chimico-fisiche, mirando quindi ad un rilevamento completo delle proprietà dell’opera. I risultati ottenuti vengono racchiusi in un digital twin, una copia digitale completa di tutte le informazioni fisiche e strutturali che costituirà l’impronta digitale del bene.
Fig. 2 - Analisi composizione dei materiali di alcune colonne presso Pompei
Questa copia in dati rende quindi possibile una prevenzione attenta e precisa, capace di promuovere micro-interventi conservativi in loco, senza la necessità di spostare o manipolare eccessivamente l’opera. Inoltre, la stessa raccolta di informazioni risponderebbe al tempo stesso anche ad esigenze quali la catalogazione, la programmazione preventiva degli interventi, la necessità di evitare o ridurre i tempi di interruzione della fruizione dell’opera da parte del pubblico, l’organizzazione del monitoraggio ambientale e della gestione dei prestiti.
Fig. 3 - Risultati della raccolta informazioni IDO su una delle colonne, con digitalizzazione e modello 3D
Di fatto, l’IDO di un’opera, che viene consegnata in un modello HBIM con livelli di LoD e LoI (Level of Detail e Level of Information) richiesti dal committente, permetterebbe a quest’ultimo di sfruttare le informazioni su più canali; sia quelli tecnici del restauro, sia quelli comunicativi legati alla fruizione dell’opera stessa da parte dell’utenza. Di fatto, le informazioni contenute in IDO possono essere veicolate, a visitatori ed appassionati, attraverso la produzione di app, podcast e guide museali personalizzabili, interattivi e user friendly.
IDO diventa così un vocabolario di informazioni, adattabili a diversi contesti; poiché fautore di una conoscenza profonda dell’opera, sia per professionisti che non. Ciò permetterebbe da un lato la facilitazione degli interventi, dall’altro garantirebbe una maggiore visibilità dei beni in questione, grazie all’elevato livello di interattività concesso all’utenza, che risulterebbe più consapevole, coinvolta e quindi interessata.